Grande e variegata l’affluenza dei reatini (e non solo) alla Solenne Processione dei Ceri in onore di Sant’Antonio di Padova, avviatasi alle ore 18,30 di domenica 25 giugno 2023 e conclusasi con l’allocuzione del Vescovo di Rieti, Vito Piccinonna, verso le ore 23.

Un ringraziamento a Dio e al suo popolo è stato il primo pensiero del vescovo Vito alla chiusura della Processione dei Ceri nel suo primo Giugno Antoniano Reatino. Dopo aver esplorato il percorso la mattina – incontrando gli infioratori all’opera – prima del solenne pontificale, e aver sperimentato il radicamento e l’attaccamento di una terra tutta francescana al santo di Padova, mons. Piccinonna si è rivolto ai presenti radunati su piazza Mazzini, in attesa del rientro della macchina processionale in Sant’Agostino, con un pensiero dedicato in modo particolare ai giovani. Una riflessione accompagnata durante il percorso processionale da un’infinità di saluti, di gesti di tenerezza, di attenzione ai più piccoli e ai loro genitori, di sorrisi e sguardi incrociati con le ragazze e i ragazzi incuriositi e rallegrati dall’atmosfera di festa.

«Vi confido – ha detto il vescovo – che parlando di loro, ma soprattutto parlando con loro, sento di saldare un debito di particolare amore che nutro nei loro confronti per tanti motivi». Lo spunto lo offre ancora una volta sant’Antonio, e il riferimento è allo “scossone” che fu per la sua vita l’incontro avuto nella giovinezza con le reliquie dei primi cinque martiri francescani. Un episodio che attivò nella sua anima un desiderio di totalità, di radicalità, di forte idealità.

Un sentimento che fa certamente invidia in questo «tempo di anime fiacche», che vede i giovani per primi registrare quella mancanza di riferimenti certi che don Vito aveva annotato anche nell’omelia del pontificale mattutino. Con una conseguente fragilità, e una serie di comportamenti problematici, che vanno dall’equivoco tra i like e un affetto reale e vissuto, alla una mancanza di fondamento che conduce a situazioni di violenza senza motivo. Tutti fenomeni registrati nelle cronache di questi giorni.

«Che fare? Rassegnarci? Accontentarsi? Non sia mai!», ha detto con forza don Vito. Occorre al contrario riconoscere che «i giovani sono “l’oggi di Dio”», che «attraverso loro anche Dio ci parla, ci mette in cammino». E allora è «urgente fare loro spazio, ascoltarli, promuoverli a compagni di viaggio nella vita di ciascuno, nella vita della città, permettere loro, oggi e non domani, di vivere un vero protagonismo in una città che può e deve assumere sempre più la faticosa e gioiosa responsabilità di fare dell’amicizia civica il tratto distintivo per una convivenza più gentile, più empatica, più inclusiva, più appassionata e appassionante».

Ma non può essere una fiducia a senso unico, una semplice esaltazione della gioventù. «Tanti giovani possono darci, con le loro modalità creative e il loro entusiasmo, le “note” giuste per mettere a tema questi desideri che noi tutti, in realtà, ci portiamo dentro», ma occorre anche che gli adulti mettano a disposizione la propria maturità ed esperienza «con l’autorevolezza colma di amorevolezza che i tempi richiedono».

Un ritrovarsi comunità tra le generazioni che potrebbe essere proprio lo “scossone” del quale si avverte il bisogno. Il tema coinvolge in modo speciale i genitori al quale il vescovo rivolge un particolare ringraziamento: «perché la vostra paternità e maternità vi rende più vicini a Dio che, come voi, ama non solo mettere al mondo, ma pure mettere alla luce. Sono benedette le vostre fatiche». E poi ancora una esortazione ai giovani: «Coraggio, non rinunciamo a crescere insieme, e non lasciamo nessuno ai margini. Forza giovani, venite allo scoperto: è il vostro tempo!».

L’occasione potrebbe essere quella offerta dalle importanti ricorrenze francescane che il territorio si trova ad incrociare: «l’ottavo centenario della Regola e del Presepe ci aiuti a ritornare in maniera essenziale a quello spirito che animò Francesco nel fare della sua vita una testimonianza esemplare per Antonio e tanti altri, fino ai nostri giorni». Un’amicizia, quella di Antonio e Francesco, che «resiste all’usura dei secoli» e insegna a fare insieme «per le nostre vite, per il bene della nostra città e per tutti, una possibilità di futuro nuova e inedita con i giovani al centro».